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Soffrire di un disturbo alimentare significa, spesso, usare il cibo per esprimere un dolore emotivo risalente ai primi anni di vita. Storie di attaccamento problematico, relazioni famigliari disfunzionali, esperienze traumatiche sono fattori significativi che possono determinare difficoltà nella regolazione delle emozioni e aumentare la vulnerabilità di una persona nei confronti di un disturbo alimentare.

Le persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione non percepiscono il loro corpo con obbiettività. Si vedono in maniera distorta talvolta inadeguata rispetto agli standard proposti dalla società attraverso i media. Ciò che sta alla base di questa percezione non è sicuramente quello che non va nel proprio corpo ma tutta una serie di problematiche emozionali come, per esempio, il dover sempre avere il controllo di sé per ottenere l’approvazione degli altri, rimanendo allo stesso tempo “incastrati” in un ciclo infinito di dolore e frustrazione.

L’esordio del disturbo alimentare solitamente è precoce, intorno all’età puberale quando banalmente si inizia una dieta tra amiche o per togliersi qualche chilo di troppo da cui però poi non ci si riesce più a svincolare e il discorso cibo diventa prepotente nella loro vita. Distinguiamo diversi tipi di disturbi del comportamento alimentare (DCA):

Anoressia: l’esordio è spesso graduale e insidioso con una progressiva riduzione dell’alimentazione quotidiana, si diminuisce l’apporto calorico riducendo le porzioni, escludendo alcuni cibi o saltando i pasti. C’è’ sempre più una marcata preoccupazione riguardo alla forma del corpo e al peso, vi è un’alterata percezione della propria immagine corporea. Il paziente si sottopone a regole alimentari specifiche su quando, quanto e cosa mangiare. A ciò sovente si aggiungono esercizi fisici eccessivi. Con il passare del tempo si tende a diventare più irritabili, depressi e isolati.

Bulimia: la manifestazione essenziale di questo disturbo è rappresentato dalla presenza di abbuffate e di inappropriati metodi compensatori (lassativi, vomito,..) per prevenire il conseguente aumento di peso. Le crisi bulimiche sono scatenate dalla rottura delle regole dietetiche rigide ed estreme, da stati di umore disforico, conflitti, eventi stressanti, sentimenti di vuoto e di solitudine. C’è un forte sentimento di vergogna per il comportamento alimentare patologico.

Binge eating disorder: si caratterizza per la presenza di ricorrenti episodi di abbuffate non seguiti dall’attuazione regolare di pratiche compensatorie. Alla base c’è una difficoltà di gestire le emozioni e gli impulsi con un senso di inadeguatezza e di impotenza.

E’ importante che sin dalle prime fasi il problema non venga sottovalutato ma che i genitori o chi per essi aiutino il giovane a prendere coscienza del disturbo per poi affrontarlo nella sua complessità con l’aiuto di specialisti tra cui lo psicoterapeuta che si occuperà delle problematiche psichiche soggiacenti i sintomi.

La metodologia EMDR è un utile strumento che utilizzo durante il percorso psicoterapeutico per affrontare il disturbo alimentare in quanto permette la rielaborazione di esperienze primarie avverse e mette di conseguenza il paziente in condizione di “pulire” la propria percezione, di cambiare la valutazione dal punto di vista cognitivo, di incorporare emozioni e reazioni fisiche adeguate e di adottare comportamenti più adattivi.

Il lavoro psicoterapeutico con pazienti aventi un disturbo alimentare è sempre accompagnato dall’attivazione di una rete di professionisti quali il dietologo, il neurologo, il nutrizionista che prendono in carico la paziente ciascuno con le proprie competenze.

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